Ricostruire la storia del Biliardo non è certo impresa facile; si rischia, forse, di perdersi nella notte dei tempi. In un passo della sua Odissea, circa tremila anni fa il grande Omero (anch’egli sepolto nel mito) accenna al gioco dei birilli; e potremmo considerare i birilli quali antenati del Biliardo. Ciò farà certo felici i giocatori di “5 Birilli”. Ancora, in alcuni bassorilievi scolpiti da artisti ateniesi, si possono notare dei giovani che, tenendo tra le mani dei lunghi bastoni ricurvi, si contendono una bilia.
Il 1429, anche se molto discusso, pare sia l’anno della fondazione del Biliardo. Apparve, infatti, a Parigi un libro dal titolo “Journal d’un bourgeois de Paris” d’autore sconosciuto nel quale era spiegato come dovesse essere giocato il gioco del Biliardo (Billard).
Bisognava fare scorrere sul terreno delle bilie spingendole tramite, appunto, bastoni ricurvi. Carlo IX, sovrano di Francia, si appassionò moltissimo a questo gioco.Ma già gli inglesi coltivavano da qualche tempo un gioco simile all’attuale “Croquet”, che originava dal vecchio gioco francese detto “Bilie-Maille” (Biliamaglio o Pallamaglio).
Da molti però si vuole che il vero inventore del Biliardo sia stato Enrico Deligne. Dal “Mall” (termine inglese) sarebbe dunque derivato il Biliardo e dobbiamo ai prati verdi della Gran Bretagna il colore del panno attuale. Vedete dunque che le idee non sono abbastanza chiare per quanto riguarda la vera origine del Biliardo.
Il primo tavolo da Biliardo di cui si ha notizia è quello ordinato da Luigi XI, sovrano di Francia, nel 1470.
Una notizia ancora più precisa è quella che ci informa come nel XV secolo un certo Francois Villon, morto nel 1489, tra le altre cose lasciò agli eredi nel proprio testamento “un biliardo nel quale è spinta la bilia”. In alcuni documenti si accenna al fatto che nel 1500 Napoli fosse una delle prime città in cui il Biliardo prendesse voga.
Altre seguirono, come Mantova e Firenze. Anzi in quest’ultima se ne cita il nobile Pandolfo de’ Pucci come il primo introduttore, ed ivi il poeta Niccolò Martelli compose una bella canzone (un madrigale) sul Biliardo (chiamato anche “Gugole”, probabilmente dal tedesco “Kugel” che significa bilia).
Altri ci narrano che Carlo IX, il 24 agosto 1572, durante la terribile notte di San Bartolomeo, abbandonò la stecca per accorrere sulla veranda della sua magione a tirar d’archibugio sugli Ugonotti e sul popolo tumultuante. Altri citano Maria Stuarda che, imprigionata nel castello di Fotheringay, nel 1587 si lagnava con l’arcivescovo di Glasgow d’essere stata, dai suoi carnefici, privata del suo tavolo da gioco. Si narra che, il corpo senza testa della Regina di Scozia, dopo la sua esecuzione capitale, venisse avvolto nella stoffa verde del suo Biliardo.
Nel 1514, nell’inventario dei mobili di Carlotta d’Albret (madre di Enrico IV re di Francia) saltò fuori un Biliardo ricoperto di panno verde. E’ nella scena quinta del secondo atto della tragedia “Antonio e Cleopatra” (1609) di W. Shakespeare che troviamo il primo accenno storico al gioco del Biliardo; infatti, la famosa regina gioca una partita a Biliardo con il suo eunuco favorito Charmian. Ma poiché l’accenno si riferisce ad un periodo molto anteriore alla nascita di Cristo è certo che il Biliardo di cui si parla nella tragedia non può essere quello che si pratica oggi ed inoltre non si è certi che l’autore non sia venuto meno, per le sue esigenze poetiche, alla fedeltà nei riguardi della verità storica.
Nel 1616, Ben Jonson menziona la levigatezza di una palla da Biliardo nel suo dramma “Il Diavolo è un asino”. Dobbiamo giungere al XVII secolo per trovare finalmente la spiegazione della parola “Biliardo” in un libro edito nel 1668: “Il Biliardo è una specie di gioco che si svolge su un tavolo sul quale è teso un panno e le bocce sono spinte l’una contro l’altra con una punta di legno chiamata biliardo”. Dunque quella punta di legno corrisponde alla nostra stecca di oggi, anche se è molto improbabile che essa avesse le caratteristiche attuali. Certo è che per “carambolare” si intendeva “colpire un bersaglio”.
Già nel 1591 Edmund Spenser, poeta alla corte della regina Elisabetta d’Inghilterra, scriveva:
“With dice, with cards, with billiards far unfit with Shutter cocks, miss mind manly wit.” facendo chiaro riferimento al Biliardo. Traduzione: “Con i dadi, con le carte, con i biliardi, incapace coi galli di Shutter, perdo la testa e la saggezza dell’uomo.”
Nel 1610, in Francia, con l’autorizzazione ad aprire locali pubblici, conferita alla Corporazione dei “Billiardiers et Paumiers”, anche il popolino poté beneficiare di questo gioco riservato sino ad allora soltanto ai nobili. Durante il regno di Giacomo I, gli inglesi praticavano il gioco del Biliardo con tre bilie su di un tavolo di Mt. 3,60 x Mt. 1,80.
Il tavolo e le sponde erano di legno e vi erano otto buche. Invece in Francia i Re praticavano il Biliardo francese, senza buche. Sul finire del 1600, Luigi IV, che doveva mantenere una corte di circa 3.000 persone, fa installare un Biliardo in una sala del suo nuovo palazzo di Versailles, con 26 candelieri e 16 candelabri da pavimento. H. G. Wells scriverà più tardi di lui: “Quel Luigi guidò il suo paese verso il fallimento, con una dignità così elaborata, che ancora oggi esorta la nostra ammirazione.” A tale proposito si racconta che Luigi XIV, che era un gran mangiatore e bevitore, era solito giocare a Biliardo per digerire.
Era stato proprio il suo medico di nome Fagon, a suggerirgli di giocare molto a Biliardo per digerire la piramide di vettovaglie inghiottite. Ed una ragione c’era! infatti, il tavolo misurava non meno di dodici metri di perimetro, le stecche pesavano circa sei volte il loro peso attuale e le bilie erano molto grosse e pesanti, tanto che per fare una carambola a tre sponde bisognava avere la forza di Ercole! Tra i cortigiani coi quali il re Sole giocava a Biliardo v’era un certo Chamillart la cui forza e le cui destrezza nel giocare gli valsero titoli e cariche onorifiche, tanto che quando egli morì nel 1721 il suo epitaffio lo ricordava in tal modo:
“Qui giace il famoso Chamillart,
protonotario del suo re;
egli fu un eroe al biliardo,
ma uno zero come ministro.”
Nel 1792, Luigi XVI e Maria Antonietta giocano a biliardo nella vigilia del loro imprigionamento. Si dice che la sua stecca sia stata foggiata da un’unica zanna di elefante e decorata con lavori ad intarsio di oro. Si dice che Lei strabiliò il Re nel finale della partita. Lo scrittore americano John Grissim ebbe a dire:” La donna era in gran forma, ma lo fu anche il suo carnefice.”
Il primo libro in inglese dedicato completamente al gioco del Biliardo appare con E. White in “Un Trattato Pratico sul Gioco di Biliardo”, a Londra nel 1807. Durante l’esilio a Sant’Elena, Napoleone, appassionato ed entusiasta giocatore di Biliardo, riceve, con grandissima gioia, un tavolo da gioco, espressamente speditogli dall’Inghilterra. E persino George Washington giocò una memorabile partita a due con il Generale francese Lafayette, in visita da lui.
Durante il regime del Terrore, fatto prigioniero, il capitano Mingaud, nel 1790, passava il tempo a scrivere cose di Biliardo; proprio a lui si deve, nei primissimi anni del 1800, tutta una serie di innovazioni riguardanti la stecca. Il Mingaud pensò, infatti, che la punta della stecca, che prima terminava a mo’ di una sezione di cono, si dovesse ricoprire con un pezzetto di cuoio.
Dopo la sua liberazione, il capitano Mingaud si mise a viaggiare per l’Europa, dando esibizioni sui colpi che potevano essere eseguiti con le “diavolerie” da lui inventate. Uno spettatore ebbe a gridare “Costui ha la mano del Diavolo in persona!” Si ha notizia che Napoleone I degnava il Biliardo delle sue attenzioni durante i brevi momenti d’ozio. Si vuole pure che Pio IX alternasse le passioni politiche con quella del Biliardo.
La passione per il gioco coinvolgeva a poco a poco quasi tutti ed anche uomini di scienza; infatti, un grande matematico di quell’epoca, Coriolis, pubblicò nel 1835 un’opera dal titolo “Teoria matematica degli effetti nel gioco del biliardo”. In essa si trovano le prime nozioni sulla teoria dell’urto dei corpi elastici. Etienne Loysson scrisse un’opera sulle regole del gioco del Biliardo, poiché notava (come ci informa il grande Maurice Vignaux) che “molte persone per bene “litigavano”a cagione del gioco”.
Così giungiamo al 1854, anno in cui l’americano Phelan inventò la sponda elastica che fu ricoperta dallo stesso panno che da poco tempo si tendeva sul tavolo da gioco. Anche in quel periodo una società americana, Brunswick-Collender & C., sostituì il piano di legno con l’ardesia.
E’ dunque in quest’epoca che il Biliardo assume la sua forma definitiva; bilie d’avorio (oggi di materiale sintetico), piano di gioco d’ardesia, sponde elastiche ricoperte di drappo fine e tappi di cuoio alle estremità delle stecche.
E’ nel 1855 che è giocata a San Francisco la prima partita ufficiale di carambola tra l’americano Phelan e il francese Damon, in tre riprese di 100 punti ciascuna e su un tavolo di Mt. 3,60 x Mt. 1,80. La partita fu vinta da Phelan al quale riuscì la serie più lunga: ben nove carambole consecutive! E ci volle parecchio tempo prima che aumentasse il numero di carambole consecutive ed era opinione comune che nessuno riuscisse a realizzare 50 punti consecutivi. Una ragione c’era alla base di tale opinione; infatti, anche se il diametro delle bilie era stato ridotto di molto e da alcuni chili di peso erano stati tolti alle stecche, tuttavia si continuava a giocare violentemente perché si credeva che le più belle carambole fossero quelle che, una volta eseguite, allontanassero quanto più possibile le bilie l’una dall’altra.
Nel 1873 il gioco si era molto diffuso ed il primo campionato del mondo di carambola fu organizzato in America, precisamente allo Irving Hall di New York, su un tavolo di Mt. 2,85 x Mt. 1,425, dimensioni che tra l’altro non sono più cambiate. Le partite erano giocate a 300 punti ed il campionato fu vinto dal maestro francese Albert Garnier che, tra le altre, realizzò una serie di 118 punti.
Nel 1889 il Vignaux pubblicò un manuale dal titolo lunghissimo; ” Théorie des effets, coups de séries, détermination du point de choc, quantité de billes, différence entre le point de choc et le point de visé, angles de déviation, visé spéciale des coups de finesse, etc.” Questi i primi giocatori; ma circa l’origine, l’invenzione propria del Biliardo, le opinioni sono ancora più disparate.
Ma quasi come tutto ciò che allevia la nostra attuale esistenza, anche il Biliardo è venuto su su a poco a poco, per forza di tempo, evolvendosi e perfezionandosi a mano a mano attraverso le generazioni.
Nulla di più semplice, infatti, di concepire un corpo più o meno atto a rotolare, sferico, spinto su di una superficie più o meno piana, con l’intenzione di fargli raggiungere uno scopo qualsiasi. Non vediamo tuttora i ragazzi, in certe vie remote, spingere le arance sul suolo per colpirne un’altra o cadere in una buca precedentemente preparata?
Non ci dà tutto questo l’idea di un Biliardo primitivo?
E se tutto ciò avviene su di un prato verde, l’idea non è ancora più somigliante con il panno verde?
E se vogliamo un altro esempio: chi non ha osservato qualche volta nelle bettole campagnole un quadrilatero sul suolo, abbastanza spianato e liscio, cinto da assi di legno, tentando ciascun giocatore di avvicinarsi con la propria bilia ad un’altra più piccola?
Non è forse questo un Biliardo primitivo?
Difatti, eleviamo da terra questo piano, perché lo stare curvi incomoda, ricopriamolo con un tappeto verde, un panno, per renderlo più liscio e fare scorrere meglio le bilie; gli assi laterali copriamoli con qualcosa di morbido per raddolcire l’urto ed il rumore; non è questo un Biliardo?
E perché gli antichissimi nostri padri non avrebbero dovuto pensarci, perché ai monelli dell’epoca romana non doveva sorgere l’idea di fare rotolare sul prato o sul suolo piano un’arancia, un pomo, un corpo qualsiasi poco angoloso?
Pare dunque vano affannarci a ricercare il primo che ebbe tale idea; certamente dal prato, dal quadrilatero delle bettole al Biliardo quale ora è, la differenza è enorme; ma solo nei dettagli, il principio è lo stesso. Così pure si pretende che in Inghilterra un certo William Kew nel 1550 usasse la sera, dopo gli affari, per distrarsi, spingere con la yard (asta di legno lunga uno yard, misura inglese) sull’ampio scrittoio ricoperto di stoffa verde, le tre bilie che aveva per insegna sulla sua bottega, e così dal diminutivo di William, che è Bill e da yard sarebbe derivata la parola “Bill-yard” e quindi Billiard cioè Biliardo. Un po’ astrusa, in verità?!
Si vuole ancora trovare l’origine del nome e del gioco stesso in un altro antichissimo passatempo inglese che si esercitava con sfere sui prati (ma gli inglesi in ogni epoca sono stati sempre fanatici per lo sport) e che si chiamava appunto Bayllard. Ma tutte queste versioni si perdono sempre nella fatidica notte dei tempi. Certo, nessuno ancora ha mostrato il Biliardo che fu tolto a Maria Stuarda o che Carlo IX lasciò la notte di San Bartolomeo, o quello che serviva a Luigi XIV a fargli smaltire le sue scorpacciate. Uno di questi mobili di quell’epoca sarebbe un prezioso documento storico, perché ci insegnerebbe in quale stadio fosse allora questo gioco, e come era fatto e ci permetterebbe di valutare quali progressi si siano raggiunti fino ad oggi.
Il gioco del Biliardo è uno dei nobili, piacevoli, scientifici fra i giochi, ed uomini eminenti lo tengono in grande onore, lo apprezzano e lo gustano. Nel 1820 il tedesco Wilhelm von Abenstein si interessò alle fonti storiche del gioco del Biliardo.
Il Vignaux contribuì moltissimo alla diffusione del gioco della Carambola. E’ con vero piacere che vediamo oggi la maggioranza civile, dai nobili agli umili, dai sommi ai mediocri, tutti amare e praticare tale gioco, e molti eccellere. Il grande scrittore americano Mark Twain (foto a sin.) fu un accanito giocatore di Biliardo e, tra i primi, si fece installare un Biliardo in casa. Egli ci ha lasciato anche un racconto che si imperniava tutto su di una famosa sfida al Biliardo.
E siamo così arrivati anche al cinema, a films come “Lo spaccone” magistralmente interpretato da Paul Newman, “Io, Chiara e lo Scuro” e “Casablanca, Casablanca”, entrambi di Francesco Nuti. Da ricordare anche “Il colore dei soldi”, interpretato da Paul Newmann e Tom Cruise. Anche tra i grandi musicisti si citano, quali appassionati giocatori di Biliardo, Mozart e Verdi. In proposito si racconta che Verdi era proprio un accanito giocatore, mentre Mozart ebbe a dire ad un amico che soltanto il Biliardo poteva “rilasciare muscoli e nervi, dopo le fatiche creative più stressanti”.
Abraham Lincoln giudicava il gioco del biliardo ” ispiratore di salute ” , ” scientifico” e “ricreatore della mente affaticata”.
E, per il piacere dei “puristi della lingua” e di qualche “nostalgico”, gli aneddotisti raccontano di Mussolini che per riaffermare, con la purezza della lingua, l’italica paternità di un’invenzione contesa da francesi e inglesi ordinò: “Si dica Bigliardo, non Biliardo!”.